Convegno 2003: Dall'Adriatico al Danubio

L'Illirico nell'età greca e romana (Cividale del Friuli, 25-27 settembre 2003)







Presentazione del convegno

La Fondazione Niccolò Canussio sta organizzando il suo quinto convegno internazionale, che si terrà presso il castello Canussio di Cividale del Friuli (Forum Iulii) dal 25 al 27 settembre 2003. Il convegno riguarderà una terra che nell'antichità fu una vera e propria cerniera tra l'Occidente e l'Oriente e che fu teatro di episodi decisivi della storia politica e culturale d'Europa: l'Illirico. Il periodo preso in considerazione andrà dall'età arcaica, con la prima colonizzazione greca nella regione, fino agli imperatori illirici e al Tardo Antico. Si intende da un lato riprendere da una diversa prospettiva le tematiche già affrontate nei convegni del 2000 e del 2001, dedicati al problema dell'integrazione fra i popoli; dall'altro proseguire nella ricerca su tematiche del mondo antico che presentino analogie con problemi contemporanei (come in particolare nel convegno del 2002): è ben noto quale importanza rivestano attualmente i rapporti tra le due sponde adriatiche, appunto nella prospettiva di una integrazione a livello europeo. Nell'organizzazione di questo convegno, la Fondazione Niccolò Canussio si avvale della collaborazione di studiosi delle Università degli Studi di Bologna, Milano, Trieste e Udine, dell'Università Cattolica di Milano, e delle Università di Bordeaux, Dresda, Heidelberg e Madrid.

Il nome di "Illiri" viene attribuito alle popolazioni balcaniche rifluite fra all'inizio del I millennio a.C. verso l'Italia, che andrebbero identificati in particolare con i Piceni e con gli Iapigi. Le notizie sulla regione illirica propriamente detta sono per questa fase scarse; qualcosa sappiamo sull'Epiro, organizzato in uno stato tribale dai vincoli assai blandi e poco partecipe delle vicende politiche della Grecia. Fin dal 706 a.C. però la fondazione della colonia corinzia di Corcira aveva dato il via alla progressiva espansione greca. Proprio Corcira, divisa da Corinto da una costante rivalità, riusciva ancora alla vigilia delle guerre persiane e grazie all'efficienza della sua flotta, a mantenere una totale indipendenza e un ruolo di primo piano nei rapporti internazionali: non è un caso che nel 481 a.C., alla vigilia della seconda guerra persiana, il congresso panellenico abbia richiesto ai Corciresi di unire le loro forze a quelle degli altri greci non medizzanti; e non sorprende che più tardi, intorno al 470 a.C., proprio a Corcira e nel vicino regno dei Molossi gli inviati ateniesi e spartani si siano spinti alla ricerca del fuggiasco Temistocle. E' questo il periodo in cui Atene esercita un attivo commercio nell'Adriatico, spingendosi con i suoi mercantili fino ad Adria e a Spina. La regione comincia a guadagnarsi un suo spazio nella scena politica ed economica internazionale.

Ma è con la guerra del Peloponneso (431-404 a.C.) che l'Adriatico sud-orientale diventa protagonista della storia greca. Uno dei vari casus belli che porteranno allo scontro Atene-Sparta è il contrasto, manifestatosi nel 435, proprio tra Corcira e la sua colonia di Epidamno: qui i democratici avevano espulso gli oligarchici e, dopo gli attacchi di costoro (appoggiati dai "barbari" Illiri), avevano chiesto l'aiuto di Corcira e, non avendolo ottenuto, quello di Corinto; ciò determina l'urto fra Corcira e Corinto e, successivamente, quello tra Atene e Sparta, alleate rispettivamente della prima e della seconda. È significativo che l'alleanza di Atene con Corcira sia stata favorita da Pericle anche sulla base del fatto che Corcira vantava la seconda migliore flotta della Grecia (seconda soltanto a quella ateniese). Questa alleanza con Atene venne rinnovata all'epoca della seconda lega navale ateniese, nel 375 a.C., insieme ad altre città e isole della "Grecia" nord-occidentale (Zacinto, Cefallenia, gli Acarnani, i Molossi). Sono gli anni in cui la regione conosce contatti diretti con il mondo magnogreco e soprattutto con quello siceliota: a questo periodo risale la fondazione delle numerose colonie adriatiche promosse da Dionigi I di Siracusa (Lisso, Pharos, Corcira Nera), che mantiene peraltro buoni rapporti con gli Illiri dell'entroterra e cerca grazie ad essi di intervenire nelle vicende interne dell'Epiro.

Ormai la tradizione non si limita a fornirci notizie sulle città greche fondate nel territorio illirico, ma si sofferma anche sugli Illiri veri e propri, che sappiamo impegnati in periodici conflitti contro la Macedonia, unitamente ai Peoni e ai Traci. L'emergere della Macedonia come nuova potenza del mondo greco trasforma l'Illiria da regione di confine in zona di primaria importanza strategica. I principi illiri sono, nel 352 a.C., alleati di Atene contro Filippo (che assumerà il controllo della regione nel 344/3 a.C., con una delle sue fulminee campagne militari); e il loro tentativo di insurrezione conseguente alla morte di Filippo nel 336 a.C. (sobillato di nuovo dagli Ateniesi e guidato da Clito) sarà stroncato dal nuovo re macedone, Alessandro Magno.

Nel frattempo si attesta anche una presenza celtica nella regione. Una discussa notizia di Livio fa risalire all'epoca di Tarquinio Prisco la discesa nella regione illirica di una prima ondata di Celti diretti verso i Balcani e guidati da Sigoveso, figlio di Ambigat, re dei Biturigi. Ma è nel III secolo a.C., nel periodo cioè della grande migrazione verso i Balcani e verso la Grecia, che gli Scordisci si impadroniscono della Serbia, fondandovi Singidunum (Belgrado). La zona costiera meridionale, con Corcira, è controllata dall'epirota Pirro. Ma è nella seconda metà del secolo che essa, sotto la guida del re Agron, acquisisce un ruolo di protagonista delle vicende politiche del mondo greco, attraverso l'alleanza col macedone Demetrio II e la vittoria di Medeon (nel 230 a.C.) contro gli Etoli.

Ma è ormai prossimo il momento dell'intervento romano nella regione. I primi contatti diplomatici tra Roma e le città illiriche risalgono al 266 a.C., quando gli inviati di Apollonia a Roma vengono oltraggiati e il senato ordina la consegna dei responsabili. La vittoria nella guerra contro Taranto (282-272 a.C.) fa sì che Roma erediti la funzione di custode dell'Adriatico, infestato dai pirati dalmati ed illiri. Appunto il re Agron e poi la moglie Teuta avevano organizzato e potenziato l'attività piratica, arrivando ad attaccare persino delle città. Secondo una tradizione fu una delle colonie siracusane sull'Adriatico, Issa, a sollecitare l'intervento romano nella regione (probabilmente favorito anche dalle pressioni dei commercianti italici), che condusse alle due guerre illiriche del 229 e del 219 a.C., concluse con l'imposizione di un "protettorato" romano sulle città greche d'Illiria (Apollonia, Epidamno, Orico e Corcira) e sui popoli dell'Illiria (la distinzione, significativa, è in Polibio). È qui che nasce di quel profondo contatto tra Roma e il mondo ellenico, premessa della conquista della Grecia (dopo la sconfitta di Teuta vengono inviate ambascerie agli Etoli, agli Achei, ma anche a Corinto e ad Atene). Appunto la pretesa di Filippo V di Macedonia di rinnovare l'espansione in Illiria compiuta con successo dai suoi antenati venne sventata dai Romani (contemporaneamente impegnati, a Ovest, contro Annibale), al cui fianco il re illirico Pleuratos restò nella seconda guerra macedonica (200-197 a.C.).

Fino a questo momento l'interesse romano si era rivolto all'area meridionale del territorio illirico. Le cose cambiarono nel 171 a.C., primo anno della guerra contro Perseo di Macedonia, quando il console Cassio venne inviato in Istria e, radunando il suo esercito ad Aquileia, progettò di scendere verso i Balcani attraverso il territorio dei Dalmati (che praticavano, essi pure, la pirateria: nel 182 a.C. Apulia ed Istria erano state unite in un'unica "provincia" proprio per combattere i pirati). Il senato sconfessò il tentativo di Cassio, ma la via era segnata. E in effetti la conquista della Cisalpina trasformava l'Istria e la Dalmazia in una zona di confine e imponeva per la prima volta a Roma una visione "unitaria" dell'Adriatico orientale. D'altra parte l'atteggiamento del re illirico Gentios, che non negò a Perseo il suo appoggio (e fu per questo poi deportato in Italia), segnò la fine dell'indipendenza della regione. L'Illiria fu allora divisa in numerosi distretti senza un diritto comune. La Dalmazia conobbe per la prima volta le armi romane di lì a poco, grazie ad un intervento di Scipione Nasica, per stroncare la pirateria. Da questo momento, il difficile compito di contenere i barbari, per molto tempo sostenuto dai Macedoni, passò interamente ai Romani, che furono a più riprese impegnati su questo fronte tra il II e il I secolo a.C.

All'inizio del I secolo a.C., la regione è teatro non marginale della guerra tra Silla e i populares, ma soprattutto essa continua ad essere zona di ripetuti conflitti con i barbari della regione danubiana (Traci, Scordisci, Dardani, Bastarni, Daci), condotti dai Romani con esito alterno e caratterizzati da frequenti rinnovate ribellioni. È noto come l'avventura gallica avesse avuto come premessa l'attribuzione a Cesare, con la lex Vatinia del 59 a.C., del governo dell'Illiria e della Cisalpina per cinque anni, con il diritto di nominare dei legati. Fu infine Ottaviano a pacificare finalmente la regione, sottomettendo gli Iapudi, che minacciavano Tergeste (Trieste), iniziando una spedizione verso il Danubio, innalzando le mura di Tergeste e fondando colonie a Salona, Pola ed Emona.

Divenuto Augusto e primo imperatore, nel 27 a.C. egli affidò al governo del senato la provincia dell'Illyricum. Nell'11 la provincia divenne "imperiale" (cioè controllata direttamente da Augusto) e incaricato di governarla fu il futuro imperatore Tiberio che si impegnò in vittoriose campagne contro i Pannoni, spingendosi fino nella zona di Vindobona (Vienna) ed estendendo così il territorio della provincia. La grande insurrezione del 6 d.C., guidata da Batone e motivata dall'eccessiva pressione fiscale, ebbe come centro la città di Andetrium (Sarajevo) ma si estese rapidamente in tutta la provincia. Essa richiese a Tiberio ben tre anni di lotte, rese estremamente dure sia dalla conformazione del territorio, dove i grandi eserciti erano con ogni evidenza poco efficaci, sia dalla guerriglia praticata metodicamente dai ribelli, sia dal fatto che questi da molto tempo erano stai impegnati negli eserciti romani, apprendendone i segreti e la disciplina. Dopo la resa degli insorti, la regione fu divisa in due nuove provincie "imperiali", Dalmazia e Pannonia. La prima ebbe una rapida romanizzazione, limitata però alla zona costiera, e fornì ancora valorosi soldati; la seconda, che costituiva una barriera contro le popolazioni al di là del Danubio, sviluppò una fiorentissima vita cittadina, aiutata in questo anche dall'ampio sviluppo dei traffici commerciali. Iader (Zara), Salona (Spalato), Poetovio, Vindobona (Vienna), Carnuntum, Aquincum (verso Budapest), Sirmium sono solo alcuni tra i centri che ebbero una grande e ricca fioritura e dal rinnovato incremento dei traffici si avvantaggiarono anche città della vicina Italia, in primo luogo Aquileia.

Nell'età imperiale la regione fu a più riprese protagonista di eventi di primo piano e dovette in particolare sopportare la pressione delle popolazioni d'oltre Danubio, sospinte al di qua del fiume dall'avanzata gotica. L'invasione dei Quadi e dei Marcomanni, nel 167 d.C., fu respinta da Marco Aurelio con grande fatica e a prezzo di gravi perdite (Aquileia fu assediata, Opitergium distrutta); e appunto dalle provincie illiriche partirono le controffensive dei soldati romani dell'Illirico, le cui gesta sono eternate dai rilievi della colonna Antonina. Di queste legioni era comandante il primo imperatore di origine africana, L. Settimio Severo, che appunto a Carnuntum, in Pannonia, fu acclamato dalle truppe e marciò su Roma nell'aprile del 193 d.C., dando inizio ad una dinastia che rinnovò profondamente la stessa concezione del potere imperiale.

Vale la pena di osservare che proprio il pronunciamento delle truppe illiriche diede inizio ad una nuova fase della storia imperiale, in cui la successione imperiale fu, in sostanza, controllata dagli eserciti. Ma soprattutto va ricordato che l'Illiria diede a Roma, nel III secolo, numerosi imperatori, a cominciare da Decio (249-251 d.C.), nato a Sirmium, che conquistò il potere sconfiggendo a Verona Filippo l'Arabo, dopo essere stato proclamato dalle truppe. La lista degli imperatori illirici comprende, tra gli altri, Aureliano (270-275 d.C.), artefice delle grandi mura di Roma che portano il suo nome; Aurelio Probo (276-282 d.C.), sotto il quale si assiste al risorgere, per l'ultima volta, dell'antica idea di principato, dopo gli anni difficili dell'anarchia militare; e soprattutto Diocleziano, ufficiale dalmata che divenne imperatore nel 284 d.C., impresse alla struttura dell'impero una riforma epocale, attraverso l'introduzione della tetrarchia, e portò a termine il passaggio graduale dal principato "civile" di stampo augusteo al dominato, ossia all'autocrazia vera e propria. Va anzi detto che tra i maggiori artefici della nuova concezione del potere era stato proprio Aureliano, con cui si era introdotta l'idea dell'imperatore per volere divino, evidente per esempio in molti tipi monetali, dove si rappresenta Giove, e più spesso il sole, nell'atto di consegnare il globo all'imperatore: fu proprio Aureliano a volere la costruzione a Roma di un grande tempio consacrato al dio Mitra, la cui festa annuale cadeva il 25 dicembre. Un altro aspetto che non va trascurato è che proprio quei soldati illirici che favorivano l'avvento al potere dei loro comandanti, spesso con metodi spregiudicati e violenti, erano però anche i guerrieri che versando il loro sangue nei duri conflitti del III secolo d.C. contro i barbari transdanubiani avevano impedito il tracollo della frontiera e consentito la salvezza dell'Occidente e, in definitiva, di tutto l'impero. La regione resterà al centro della scena ancora nell'età Tardo-Antica, sia in quanto zona di frontiera sottoposta a pressioni sempre più forti, sia come terra d'origine di un'importante dinastia di imperatori pannonici, i Valentiniani.

Di questi argomenti discuteranno a Cividale studiosi di chiara fama internazionale: la Fondazione Canussio ha invitato docenti di università d'Italia, Spagna, Francia, Gran Bretagna, Germania, Austria, Slovenia, Jugoslavia, Romania e Canada.




Programma del convegno






Il concerto

La Fondazione Canussio è lieta di invitare tutti i partecipanti al convegno internazionale all'esecuzione della Missa populorum di August Ipavec, per solisti, coro, orchestra e figuranti: Orchestra Filarmonica di Lubiana, diretta da August Ipavec. Il concerto, ad ingresso libero, si terrà venerdì 26 settembre 2003, alle ore 20.30, presso il Duomo di Cividale del Friuli.

Enti patrocinanti e contributori

Il convegno è posto sotto l'alto patronato del Presidente della Repubblica.